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Pescatori della Foce |
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Scritto da M.Dolcino |
Martedì 14 Febbraio 2012 16:11 |
Un posto notevole, nell'approvvigionamento cittadino, avevano i pescatori della Foce. Uomini - come scrisse Remondini — «talmente radicati in certe costumanze e nella inflessione del dialetto, da farli apparire come un nucleo separato dal resto della popolazione genovese»... Un mondo ormai totalmente scomparso, anche se appartenente al passato più prossimo, fissato come in una lanterna magica dai versi di Edoardo Firpo: sgombri, boghe, occhiate, - polpi, moscardinetti - che parevano porcellane per le strade della città... - Addio pescatori tarchiati - colle brache rimboccate, - addio ragazzi scalzi -pescetti d'allegria, - quando seduti sulla spiaggia - o sui gradini della rampa - con lunga cantilena - giocavate tutti a tombola)... La Foce anche era cornice tradizionale della festa di San Pietro, il 29 giugno. Cittadini d'ogni quartiere vi erano accolti: per tutti vi erano bancarelle di «reste e canestrelli», graticole coperte di chiocciole sfrigolanti, padelle da cui ricevere piccoli tesori di frittura... Nelle osterie, nelle trattorie appena un tantino più pretenziose, la possibilità di concedersi maiuscole porzioni di pesci, di polpi, di totani: da assaporare con ragionevole calma, prima di uscire per il coloratissimo spettacolo pirotecnico. Poi, il giorno seguente, l'inizio della stagione balneare, e soltanto allora. Perchè si sa,
«San Pe o ne veu un pe le». San Pietro, per una oscura e paganeggiante asserzione, esige una vittima... Tratto da “Liguria a Tavola” supplemento de Il Lavoro – 1984 Testo di Michelangelo Dolcino |